Oltrecafè: come ricavare pellet per stufe dai fondi di caffè

L'intervista a Francesca Lovato

Francesca Lovato, 35 anni, modenese, si definisce una "talent scout dei rifiuti". Prima di diventare una startupper, nell’azienda in cui ha lavorato aveva il compito di studiare le caratteristiche degli scarti prodotti dalle imprese clienti e di inventare nuove destinazioni. Per esempio, se una ditta portava fanghi da residui di lavorazione lei suggeriva di riciclarli in sabbie per le fornaci. O ancora, se qualcuno doveva smaltire il vetro dei televisori lei diceva: "potete trasformarlo in materiale per fare piastrelle".

E così via. È una di quelle persone che vorreste avere accanto quando fate ordine in casa perché sicuramente saprebbe come creare un nuovo utilizzo a un sacco di cose che buttereste nella spazzatura.

"Mi piace vedere ‘oltre’ l'utilizzo standard di un oggetto", racconta all’Huffington Post. "Ho poco spazio in casa e da qualche anno mi dedico alla lettura delle tante esperienze ‘zero waste’ che si possono trovare ovunque nel mondo. Mi applico quotidianamente in cucina per fare menu a rifiuti zero e per trovare nuovi impieghi al 100% degli ingredienti che compro. In più, prediligo acquistare prodotti sfusi e completamente riciclabili proprio per diminuire gli scarti che io stessa creo".

Con il curriculum che si ritrova - una laurea in Ingegneria ambientale (triennale all’Università di Modena e Reggio Emilia e specialistica a Bologna) e una serie di master tra cui uno in cooperazione internazionale, uno in coaching e due in imprenditoria e creazione di nuovi business - Francesca non si è accontentata di fare l’esperta di waste management, ovvero di gestione di rifiuti, per conto di altri. Negli anni, studiando a fondo lo scenario degli scarti prodotti in Italia, ha coltivato il sogno di creare una startup per valorizzarli in modo innovativo.

"Tra letture e personali e studi universitari (al momento, tra l’altro, Francesca è anche ricercatrice all’Unimore e si occupa di valorizzazione dei rifiuti agro-alimentari attraverso insetti per ottenere materiali utili per l’industria bioplastica ndr), ho approfondito - spiega - la blue economy, il modello proposto dall’economista belga Gunter Pauli in base al quale si può arrivare a minimizzare gli scarti e le emissioni inquinanti riciclando tutte le sostanze utilizzate durante il ciclo di produzione di un’azienda. Così, concentrandomi su quello che si poteva fare in Italia, ho deciso di puntare soprattutto sui possibili impieghi alternativi del caffè e ho concepito, nel 2014, Oltrecafé, un progetto di riciclo innovativo per valorizzare diversi tipi di scarti il cui primo prodotto è un pellet per stufe e caldaie a biomassa fatto con i fondi di caffè: 100% ecologico".

Francesca ha scommesso su questo tipo di produzione innanzitutto per il rapporto privilegiato che l’Italia ha con il caffè. Solo per menzionare qualche numero, nel Belpaese ogni anno si producono circa 380 milioni di chili.

"Durante le mie ricerche - nota Francesca - mi sono accorta che da noi c’è una vera e propria cultura del riciclo dei fondi di caffè: c’è chi li usa come impacco naturale per capelli, chi come fertilizzante per le rose, chi per togliere i cattivi odori dal frigo. E i primi studi su un possibile uso come combustibile risalgono addirittura ai tempi di Mussolini".

Inoltre, alla talent scout dei rifiuti non è sfuggito il paradosso per cui l’Italia è uno dei primi paesi produttori di stufe al mondo ma allo stesso tempo è tra i primi importatori di pellet: ogni anno entrano nei confini nazionali più di 3 milioni di tonnellate di combustibile.

Dopo aver coinvolto due persone come soci - Andrea Maccari, presidente della cooperativa sociale Il Mantello, e Riccardo Cariani, consulente aziendale esperto di finanza agevolata e di internazionalizzazione di impresa - Francesca ha trasformato il suo progetto in una società a tutti gli effetti.

"Ci siamo costituiti come startup nel 2015 dopo aver vinto un concorso di idee di business a Modena", ricorda. "Poi siamo entrati nel registro delle nuove imprese innovative, abbiamo raggiunto la finale di Climate-Kic, il programma dell’Unione europea dedicato alle realtà che combattono i cambiamenti climatici, e siamo stati tra i finalisti del #NatiPer, concorso organizzato dalla compagnia assicurativa Axa".

Gli impianti che adopera Oltrecafé per “pelletizzare” i fondi di caffè sono gli stessi che vengono utilizzati per trasformare in pellet gli scarti del legno, solo che in questo caso viene impiegato soltanto materiale naturale e non vengono aggiunti additivi chimici.

L’obiettivo di Francesca e dei suoi soci è di andare sul mercato entro la fine del 2017:

"alcuni potenziali acquirenti ci sono già: partiremo dall’uso domestico ma dopo ci concentreremo anche su quello industriale". Finora, il lavoro si è focalizzato soprattutto sulla ricerca e sviluppo e sulle autorizzazioni, dal momento che la materia dei rifiuti segue normative molto rigide e "catalogare dentro le norme i nostri prodotti è stata una procedura piuttosto lunga".

Per garantire il più possibile la sostenibilità ambientale, sociale ed economica dell’iniziativa, l’idea è di creare nel tempo una serie di impianti regionali per creare più occupazione, diminuire i costi, abbattere le emissioni legate alla logistica e realizzare una filiera 100% made in Italy e a chilometro zero.

"Ci piacerebbe essere la slow food del pellet", confida la co-fondatrice di Oltrecafé.

In prospettiva, Oltrecafé mira anche a occuparsi, almeno in parte, anche della raccolta della materia prima - i fondi di caffè, appunto - che per il momento è affidata ad aziende terze, così come insieme ad altre imprese viene fatta la produzione del pellet ecologico in attesa di realizzare il primo impianto di proprietà.

"In più, per l’anno prossimo miriamo a lanciare altre due tipologie di prodotti, sempre a base di caffè, e stiamo facendo ricerche per alcune soluzioni completamente diverse".

L’inaugurazione della startup, quando i pellet eco-friendly saranno in vendita, avverrà - si augura Francesca - in una discoteca nei dintorni di Modena dal nome decisamente familiare: Oltrecafé.

"Quando ero alla ricerca di un nome per l’impresa, ne cercavo uno che contenesse il caffè ma che desse anche l’idea di qualcosa che potesse espandersi. Volevo che fosse in italiano. Così, mi sono ricordata di questa discoteca dove andavo quando ero più giovane". A qualcuno, forse, capiterà di fare confusione ma va bene così: l’importante è andare ‘oltre’.

Ti potrebbe interessare anche:

Ti potrebbe interessare anche: