Il lavoratore subordinato ha, tra gli altri, il c.d. Obbligo di fedeltà, di cui all’art. 2105 del Codice Civile che, testualmente, recita:
“Il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l'imprenditore, né divulgare notizie attinenti all'organizzazione e ai metodi di produzione dell'impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio.”
Inoltre, esiste un principio generale, dettato dall’art. 1375 del codice civile che impone che tutti i contratti (compreso quello del lavoro subordinato) devono essere eseguiti secondo buona fede.
Rispettati i suddetti dettami legislativi, il lavoratore può liberamente costituire una Società c.d. startup senza informare l’attuale datore di lavoro. Va da sé che la prestazione lavorativa subordinata non dovrà risentire, in termini di efficacia e di efficienza, dell’attività lavorativa prestata per la “nuova” Società. Ovviamente, restano fermi gli eventuali divieti legislativi previsti per eventuali fattispecie.
Per quanto riguarda, invece, la retribuzione, si ritiene che il lettore intenda l’eventuale compenso per l’attività di amministratore.
In tal caso, ai sensi degli artt. 2479, 2479 bis e 2389 del c.c., la decisione di assegnare un compenso all’amministratore per la sua attività, spetta esclusivamente ai soci della Società e non all’amministratore. (Nulla rileva che, in questa fattispecie, le due posizioni possano essere rivestite dalla medesima persona: deve sempre essere rispettato il ruolo giuridico che ogni persona assume).