Impresa culturale e creativa (ICC)

Indice

 

Impresa Culturale e Creativa - definizioni

Di economia creativa si è iniziato a parlare negli anni Novanta, quando si sono diffusi i primi studi che riconoscevano l'importanza di quei settori economici caratterizzati principalmente dall'apporto di risorse umane, dall'innovazione e dalle capacità tecnico-artistiche degli operatori.
Motore di questo settore è la compagine delle industrie culturali e creative, una fetta importante e soprattutto in continua espansione dell'economia globale che comprende non solo le aree artistiche tradizionali (arti visive, arti performative, letteratura, musica) ma anche design, moda, artigianato, intrattenimento, industria del gusto …
Proprio la multidisciplinarietà intrinseca al concetto di creatività ha fatto sì che, ancora oggi, non esista una definizione univoca per le industrie culturali e creative, nonostante la notevole letteratura in merito. Di seguito sono riportate le definizioni più condivise e accreditate.

“Convenzione per la protezione e promozione della diversità delle espressioni culturali” UNESCO (Parigi, 2005). All'interno della   le industrie culturali sono identificate come industrie che producono beni, servizi e attività considerate –  per i loro attributi, scopi e caratteristiche – culturali, indipendentemente dal valore economico intrinseco.

“The Economy of Culture in Europe” (Bruxelles, 2006), studio preparato per la Commissione Europea – Directorate General for Education and Culture da KEA - EUROPEAN AFFAIRS.
Nel 2006 KEA ha pubblicato, per conto della Commissione Europea, uno studio sull'economia della cultura in Europa. In questo caso la definizione del settore si basa sull'output finale prodotto dalle industrie culturali e creative:
industrie culturali tradizionali. In questo caso il settore è composto dalle cosiddette espressioni artistiche (arti visive, danza, teatro, istituzioni museali, etc ...) il cui output è culturale ma non necessariamente economico. Il valore economico di questo settore è spesso considerato marginale e frequentemente le attività delle industrie culturali tradizionali sono sostenute da fondi pubblici.
Industrie creative. In questo caso il settore è alimentato dalla produzione di beni culturali destinati al consumo e la dimensione economica è molto più evidente. Fanno parte di questo settore il design, l'architettura, la moda, il marketing.

Libro Verde “Le industrie culturali e creative, un potenziale da sfruttare” (titolo originale: “Unlocking the potential of cultural and creative industries”) Commissione Europea (Bruxelles, 2010). Nel 2010, all'interno dell'Agenda Digitale europea per la Cultura, la Commissione Europea ha pubblicato il Libro Verde . In questo caso la definizione delle ICC è mutuata da quella diffusa dall'UNESCO con una indicazione dei settori coinvolti: per “industrie culturali” si intendono quelle che producono e distribuiscono beni o servizi che, quando vengono concepite, sono considerate possedere un carattere, un uso o uno scopo specifici che incorporano o trasmettono espressioni culturali, quale che sia il loro valore commerciale. Oltre ai settori tradizionali delle arti (spettacolo dal vivo, arti visive, patrimonio culturale – incluso il settore pubblico), questi beni e servizi comprendono anche film, dvd, video, televisione e radio, videogiochi, nuovi media, musica, libri e stampa.

“The entrepreneurial dimension of the cultural and creative industries”(Utrecht, 2010) studio preparato per la Commissione Europea – Directorate General for Education and Culture da Hogeschool vor de Kunsten Utrecht. In questo studio, in sintonia con “The Economy of Culture in Europe”, sono considerate imprese culturali quelle che producono e distribuiscono merci o servizi legati a una specifica forma di  espressione culturale. Esse dunque includono i settori più tradizionali come le arti visive e le arti dello spettacolo ma anche il cinema, la tv e la radio, i nuovi media, l'editoria e la stampa. Le industrie creative sono invece quelle che usano la cultura come input ma i cui prodotti hanno una funzione ben precisa. Questa classificazione include pertanto anche il design, la moda, la pubblicità e l'architettura. Inoltre, le ICC sono divise nei seguenti settori di attività: pubblicità, architettura, stampa ed editoria, design, moda, film, musica, arti dello spettacolo, arti visive, radio e televisione, ICT.   

Per l'Italia si possono prendere in considerazione due definizioni.
“Libro Bianco sulla Creatività” - Commissione sulla Creatività e Produzione di Cultura in Italia, MiBAC (2009). Nel 2009 la Commissione sulla Creatività e Produzione di Cultura in Italia pubblicò il “Libro Bianco sulla Creatività” contenente una definizione delle ICC particolarmente adatta a descrivere la compagine italiana:

  • patrimonio storico e artistico – rappresentato dai beni e dalle attività culturali (secondo l'accezione legislativa italiana) ovvero patrimonio culturale, arti dello spettacolo, architettura, musica e arti contemporanee;
  • industria dei contenuti, dell'informazione e delle comunicazioni – dove il fil rouge è l'integrazione dell'high tech nella produzione di servizi (editoria, cinema, pubblicità, tv e radio, software sciences);
  • cultura materiale – incentrata sulla produzione di servizi e di oggetti, comprendente i macro settori della moda, del design e dell'industria del gusto.


“C/C Cultura e creatività – ricchezza per l'Emilia Romagna” ERVET (Bologna, 2012). La ricerca ERVET del 2012 condotta sulle ICC dell'Emilia-Romagna è un preziosissimo strumento per conoscere lo stato attuale del settore e soprattutto per ideare azioni atte a sostenerlo.
In questo caso, la definizione delle ICC tiene conto sia delle indicazioni del Libro Bianco che di quella più generica del Libro Verde.
Secondo tale studio, ad accomunare le imprese catalogate come creative sono tre fattori:

  • l'utilizzo di saperi culturali (nuovi e tradizionali) e creativi quale input per la produzione;
  • la produzione di senso e valore estetico, in aggiunta ed integrata alla mera funzione di prodotto/servizio;
  • l'accezione “artigiana” della produzione, volta all'unicità del prodotto finale, contrariamente alla serialità della produzione di stampo industriale.


Lo studio presenta 5 categorie principali, identificate come ICC standard, a cui si aggiunge l'industria del design, le imprese innovative high tech e i settori laterali di impatto.

Impresa Culturale e Creativa - peculiarità del settore e impatto sull'economia

Come evidenziato nella sezione precedente, definire, identificare e misurare il settore delle ICC è una questione ancora aperta. I confini delle imprese culturali e creative sono infatti in continua evoluzione; ai settori  culturali tradizionali (musica, teatro, patrimonio culturale ...) si aggiungono oggi design, architettura, grafica, moda, turismo e pubblicità. Inoltre, le stesse industrie tradizionali si stanno avvicinando sempre più al settore creativo creando interessanti ibridazioni.
Se si prende in considerazione il settore ICC in Europa, è subito evidente una iniziale divisione geografica: nel Nord Europa l'approccio a questo settore è “technology-driven”, legato quindi agli aspetti più recenti e meno tradizionali del settore creativo. I Paesi dell'Europa Centrale e Meridionale invece, mostrano un chiaro orientamento alle attività legate al patrimonio culturale, “heritage-driven” quindi, e si focalizzano maggiormente sulle imprese culturali tradizionali. Questo comporta una diversità nelle politiche volte al sostegno del settore e conseguenti difficoltà nell'individuare una definizione concordata.
Tuttavia, si possono rilevare alcune caratteristiche comuni al variegato settore delle ICC:

  • prevalenza di PMI, ditte individuali e libri professionisti;
  • alto tasso di innovazione tecnologica, non-tecnologica e sociale;
  • alto contenuto di conoscenza;
  • multidisciplinarietà e varietà nei settori di applicazione.

Inoltre, la maggior parte degli addetti del settore creativo possiede un livello di formazione universitario di secondo livello o un master di secondo livello, quindi una preparazione accademica molto alta. La formazione, tuttavia, è prevalentemente artistica o legata a percorsi formativi legati alla comunicazione. Il creativo necessita di nozioni gestionali, legali e commerciali, unitamente alle competenze in materia di fundraising e di strategie di “accesso al mercato”. E' anche da queste necessità che nasce EmiliaRomagnaStartUp/Creative.


L'impatto del settore creativo sull'economia
La ricerca C/C Cultura e Creatività – ricchezza per l'Emilia Romagna (Ervet, 2012) rivela che in regione la dimensione dei settori ICC standard comprensivo delle attività distributive è di circa 30-32.000 imprese e unità locali e 77-78.000 addetti. Ciò corrisponde al 7,6-7,9% di unità locali-imprese e al 4,5-4,6% degli addetti dell’intera economia regionale.
Per quanto riguarda la situazione italiana, la ricerca L'Italia che verrà: Rapporto 2012 sull'industria culturale in Italia elaborata da Symbola e Unioncamere rivela che il valore aggiunto prodotto dalla cultura corrisponde al 15% del totale dell'economia nazionale e impiega ben 4 milioni e mezzo di persone, ovvero il 18,1% degli occupati a livello nazionale.
A livello europeo, la recente ricerca Territorial Dynamics in Europe – The Creative Workforce (ESPON, 2012) mostra che il numero di lavoratori creativi impiegati nel periodo 2005-2008 ammonta a 19.2 milioni di persone e rappresenta il 7,2% della forza lavoro in Europa. Il 51,6% dei lavoratori creativi risiede in Regno Unito, Francia Germania e Italia. A livello nazionale, Finlandia, Svezia, Svizzera e Paesi Bassi sono i Paesi dove il peso del lavoro creativo è maggiore, superando il 10%.

[Fonti: “Creative Industries and Innovation in Europe” Lazzeretti, Routledge 2013; “C/C Cultura e Creatività – ricchezza per l'Emilia Romagna” Ervet 2012; “L'Italia che verrà: Rapporto 2012 sull'industria culturale in Italia” Symbola e Unioncamere 2012; “Territorial Dynamics in Europe – The Creative Workforce” ESPON 2012]

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