Come noto, l’art. 25, comma 2, lett. e) del D.L. 179/2012 prevede che le startup (oltre ad altri requisiti) non debbano aver distribuito e non possono distribuire utili fino a quando sono iscritte nella sezione speciale del Registro delle Imprese.
Dall’altra parte, in tema di compensi agli amministratori, la legge non contempla un quantum.
Tuttavia, tenuto conto dei principi di cui all’art. 2423 bis c.c., in particolare della prudenza, della responsabilità dell’amministratore per la conservazione dell’integrità del patrimonio sociale, nonché delle presunzioni sollevate dall’Agenzia delle entrate in tema di deducibilità fiscale qualora i citati compensi siano considerati, a suo dire, non congrui rispetto alla struttura patrimoniale/finanziaria/economica della Società, l’insidia prospettata dal lettore è plausibile.
Testualmente l’Agenzia delle Entrate: https://www.fiscooggi.it/rubrica/attualita/articolo/amministratori-ben-pagati-sono-utili
(…) non è più irrilevante, sotto il profilo fiscale, che una distribuzione di utili avvenga in maniera diretta (dividendo) o indiretta (compensi amministratore-socio eccedente il limite della congruità), in quanto la scelta per la seconda ipotesi potrebbe consentire potenziali aggiramenti del regime fiscale proprio dei dividendi.
Alla luce, quindi, del potenziale risparmio fiscale elusivo ora nuovamente ottenibile dalla "trasformazione" dei dividendi in compensi, l'Amministrazione finanziaria potrebbe trovare un ulteriore sostegno alle proprie pretese.
Pertanto, ancorché le ragioni dell’Agenzia delle Entrate siano squisitamente di natura fiscale, le conseguenze, nel caso in cui tali ragioni vengano accolte dagli Organi giurisdizionali/amministrativi, possono causare il mancato rispetto del divieto di distribuzione dei dividendi.