Tralasciando le disquisizioni dottrinali in merito alla definizione della natura del rapporto che intercorre tra amministratore e società e della sentenza della Corte di Cassazione del 20/01/2017 n. 1545, si può considerare l’attività di amministratore quale attività parasubordinata di cui all’art. 409 n. 3 c.p.c.
Per quanto riguarda, invece, il compenso per l’attività di amministratore, si ricorda che ai sensi degli artt. 2479, 2479 bis e 2389 del c.c., la decisione per tale assegnazione, spetta esclusivamente ai soci della Società e non all’amministratore. (Nulla rileva che le due posizioni possano essere rivestite dalla medesima persona).
Dopodiché non esiste, legislativamente parlando, un limite ovvero una misura stabilita al quantum del compenso. Tuttavia, occorrerà rispettare i principi di cui all’art. 2423 bis c.c., in particolare il principio della prudenza. Inoltre, l’ordinanza n. 25572 depositata il 14/11/2013, della Corte di Cassazione, sezione tributaria, in materia di sindacabilità e deducibilità dei compensi dell’amministratore unico, ha statuito che si configura elusione fiscale nel caso di erogazione di un compenso troppo elevato all’amministratore unico, ed è riconosciuta all’agenzia delle entrate la facoltà di sindacare l’importo del compenso corrisposto dalla società all’amministratore, qualora appaia sproporzionato, a nulla rilevando le deliberazioni sociali.