L’art. 1375 del codice civile prevede un principio generale che impone che tutti i contratti (compreso quello del lavoro subordinato) devono essere eseguiti secondo buona fede.
Più specificatamente, il lavoratore subordinato ha, tra gli altri, il c.d. Obbligo di fedeltà, di cui all’art. 2105 del Codice Civile che, testualmente, recita:
“Il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l'imprenditore, né divulgare notizie attinenti all'organizzazione e ai metodi di produzione dell'impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio.”
Per quanto riguarda la fattispecie del mero socio di una società di capitali (veste giuridica che deve assumere una startup) generalmente questa può convivere con quella di lavoro subordinato presso un’altra azienda. Tuttavia resta fermo il disposto del comma 3 dell’art. 2598 c.c. che prevede che chiunque si valga direttamente o indirettamente di ogni mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’altrui azienda, compie un atto di concorrenza sleale.
La fattispecie prospettata dal lettore contiene tutti i presupposti, sia nella veste di lavoratore subordinato, che in quella di socio, per incorrere nell’inadempimento contrattuale, e l’inosservanza di tali obblighi può avere serie conseguenze:
-licenziamento (anche per giusta causa) per il lavoratore dipendente
-esclusione del socio dalla società
In entrambe le fattispecie è possibile anche la richiesta del risarcimento dei danni causati da tali violazioni.
Tuttavia se la società startup e l’azienda presso la quale il lavoratore è dipendente vengono debitamente informate, e manifestano espressamente il loro assenso, nulla osta alla coesistenza delle due fattispecie.