Ai sensi degli artt. 2479, 2479 bis e 2389 del c.c., la decisione di assegnare un compenso all’amministratore per la sua attività, spetta esclusivamente ai soci della Società e non all’amministratore.
Dopodiché non esiste, legislativamente parlando, un limite ovvero una misura stabilita al quantum del compenso. Tuttavia, occorrerà rispettare i principi di cui all’art. 2423 bis c.c., in particolare il principio della prudenza. Inoltre, l’ordinanza n. 25572 depositata il 14/11/2013, della Corte di Cassazione, sezione tributaria, in materia di sindacabilità e deducibilità dei compensi dell’amministratore unico, ha statuito che si configura elusione fiscale nel caso di erogazione di un compenso troppo elevato all’amministratore unico, ed è riconosciuta all’agenzia delle entrate la facoltà di sindacare l’importo del compenso corrisposto dalla società all’amministratore, qualora appaia sproporzionato, a nulla rilevando le deliberazioni sociali.
Per quanto riguarda le imposte, i compensi liquidati agli amministratori sono inquadrati tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, ai sensi dell’art. 50 comma 1 lett. c-bis) del Tuir, e seguono le regole di determinazione previste dall’art. 51 del Tuir.
Inoltre, il compenso è assoggettato all’Inps – gestione separata - nella misura del 24% poiché risulta già un’altra posizione previdenziale (lavoro dipendente). Del totale, un terzo è a carico dell’amministratore, i restanti due terzi, della Società.