Startup in the Net - Intervista a Cognivix

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La rubrica Startup in the Net raccoglie una serie di interviste realizzate a startup innovative iscritte a EmiliaRomagnaStartUp e che ART-ER segue nel loro percorso di sviluppo e crescita. Per l'edizione 2023 abbiamo intervistato le startup selezionate dai programmi di accelerazione promossi da CDP Venture Capital Sgr - Fondo Nazionale Innovazione. 


L’intelligenza artificiale applicata alla produzione industriale. È questa la mission di Cognivix, la startup nata in ambito universitario che nel 2023 ha partecipato a Magic Spectrum, il programma inserito nella rete Acceleratori CDP rivolto alle imprese innovative nel settore tech. Daniele Bernardini, uno dei cinque fondatori di Cognivix, ci ha parlato degli sviluppi di un progetto ambizioso, senza nascondere i problemi legati alle fonti di finanziamento di una startup che opera nel settore deep tech, sottolineando al contempo l’importanza di continuare a lavorare sulla ricerca con una prospettiva volta a trovare soluzioni sul lungo periodo. Ecco cosa ci ha raccontato. 

Bernardini, si spiega di che cosa si occupa Cognivix?

Con la nostra startup ci proponiamo di portare i metodi di intelligenza artificiale che vengono dalla ricerca universitaria nella produzione industriale per permettere alle macchine di compiere azioni diverse come il manipolare e l’assemblare oggetti. Cognivix sta per cognitive vision, un nome che riassume l’essenza della nostra tecnologia.

Come è nata l’idea?

Tra il 2016 e il 2019 avevo una società con la quale portammo avanti in partnership con la Regione Toscana un progetto finanziato POR-FESR per sviluppare un sistema di intelligenza artificiale da applicare all’industria non ancora collegato alla robotica. Si trattava di una soluzione per mettere e togliere oggetti in una scaffalatura, quello che accade ora in Amazon ma noi lo facevamo già sette anni fa. Mi invitarono a San Francisco per presentare la demo del sistema e lì ebbi modo di conoscere la dirigenza della Fanuc Nord America, un’azienda leader mondiale nella robotica. A settembre 2019 ci presentammo insieme a EMO, la più grande fiera del settore della metalmeccanica che si tiene ad Hannover, con un prodotto che integrava la nostra soluzione. Quella vetrina ci servì per capire che dal punto di vista industriale l’esigenza era concreta. Nell’estate 2020 uscì il nostro primo prototipo realizzato con un cliente della Fanuc. Grazie a quel prodotto embrionale ci accorgemmo che c’era un gap tecnologico da colmare. La tecnologia non è ancora matura per poterla portare nell'industria quindi questo significava che dovevamo metterci sotto. Nel frattempo si era evoluta la collaborazione universitaria con il lavoro scientifico e anche il team si era consolidato. Nel luglio 2021 quindi abbiamo fondato Cognivix per perseguire questa strada.

Parliamo del team: da chi è composto?

Quando si è parlato di costituire la startup non ho avuto nessun dubbio sulle persone che volevo in squadra anche perché erano tanti anni che cercavamo il progetto giusto da condurre insieme. Siamo cinque e siamo tutti molto radicati nel mondo universitario anche se abbiamo tutti esperienza imprenditoriale a vari livelli. Io sono un fisico laureato all’università di Firenze. Dal 2021 mi trovo all’Università di Monaco nel dipartimento di Ingegneria meccanica impegnato nello sviluppo dell’intelligenza artificiale per la robotica. Con me ci sono Giorgio Calapà, un amico che conosco da 15 anni che vive a Londra e ha una visione più operativa della startup seguendo gli aspetti più prettamente finanziari, e Leonardo Tassini. L’amicizia con lui è nata all’università 25 anni fa ed è proprio con lui che ho realizzato il primo prototipo prima di fondare Cognivix. Marco Caccamo invece è professore universitario a Monaco: ci siamo conosciuti nel 2016 parlando di tecnologia e condividendo spunti, un rapporto che si è evoluto professionalmente che ci ha fatto arrivare fin qui. Francesco Scalise nel 2019 aveva lo stand accanto al mio e EMO: Fanuc ci ha presentati e il resto è storia. Avendo lui base a Bologna abbiamo pensato che fosse la città giusta per iniziare questa avventura. Al nucleo dei fondatori si sono uniti un executive e due dipendenti, a cui presto ne seguirà un terzo..

Siete in contatto anche con altri atenei italiani per quanto riguarda la ricerca sulla tecnologia?

Il know-how sulla ricerca è il vantaggio competitivo di una startup come Cognivix. Per riuscire a rimanere all’apice a livello mondiale su questa particolare nicchia della presa robotica abbiamo relazioni forti con altre università anche grazie a progetti come Horizon Europe. Lavoriamo quindi con il Politecnico di Torino specialmente sulla parte di computer vision e con l’Università di Pisa, dove c’è una grande scuola di robotica guidata dal professore Antonio Bicchi, un luminare di fama mondiale sull’argomento.

In Emilia-Romagna con chi collaborate?

Sto personalmente conducendo uno studio con il professore Marko Bertogna dell’Università di Reggio Emilia e il suo team sul tema del machine learning e dell’intelligenza artificiale. Per noi sono tutte relazioni fondamentali perché si tratta di potere trasferire il risultato di una ricerca scientifica di altissimo livello in un prodotto industriale.

Quali sono state le vostre tappe anche sul fronte dei finanziamenti?

Abbiamo cominciato con una campagna di fundraising nel 2021 passando per Smart&Start Italia ottenendo un primo finanziamento di 940mila euro. Poi con un’operazione di crowdfunding attraverso la piattaforma BacktoWork sono arrivati 127mila euro di cui 80mila da un singolo investitore. Successivamente ci siamo trovati segnalati per due anni consecutivi nella categoria Top Twenty Startup to Watch nella piattaforma più importante del settore StartUs Insights. Noi di nostro non abbiamo partecipato a business plan competition ma alla fine tenendo d’occhio le opportunità rivolte alle startup ho trovato il programma di accelerazione Magic Spectrum.

Magic Spectrum: ci racconti come è andata.

Ho affrontato il colloquio come sono solito fare quando cerco investimenti e alla fine Cognivix è risultata una delle startup selezionate per il percorso di accelerazione. In quel momento abbiamo ricevuto 75mila euro che sono serviti per coprire le spese correnti. Ho partecipato alla parte formativa, in parte in presenza tra Milano e Torino e in parte da remoto, dove abbiamo trattato temi legati agli aspetti legali e tecnici visti però dal lato di chi investe. È importante specialmente per chi come noi viene dalla ricerca avere la padronanza di un altro tipo di linguaggio. Non abbiamo trovato, come invece auspicavamo, dei partner industriali con i quali sviluppare dei proof of concept ma stiamo dialogando per ottenere un ulteriore investimento. Purtroppo in Europa le startup deep tech riscontrano spesso questo tipo di problemi. 

Qual è il problema?

Non ci possiamo lamentare delle attenzioni ricevute ma spesso sono solo pacche sulla spalla. Il motivo è semplice: la strada verso il mercato è molto lunga. Noi lavoriamo da quattro anni e di fatto non abbiamo fatturato neanche 1 euro. I fondi di venture capital, specialmente in Italia, tendono a investire su modelli standard conosciuti su cui ci sono delle metriche che riescono a capire grazie a un riscontro più immediato. Da un certo punto possiamo dire che vanno sul sicuro. Detto questo, noi andiamo avanti lo stesso senza scoraggiarci anche perché Magic Spectrum ha deliberato un nuovo investimento di 200mila euro di cui 120mila subito e 80mila a settembre se troviamo un co-investor che ne metta altri 200mila.

Che tipo di supporto avete avuto da ART-ER?

Il rapporto con ART-ER è piuttosto recente. Abbiamo fatto una chiacchierata per conoscerci e siamo entrati nel network delle startup innovative della regione. Ci hanno segnalato il bando di SMAU grazie al quale, nel maggio 2023 siamo volati a Londra. Grazie a quella iniziativa abbiamo trovato un’azienda molto importante interessata a sviluppare con noi un proof of concept.

Come va la vita da imprenditore?

Ci sono alti e ci sono bassi. Grazie al nostro lavoro possiamo compensare i sacrifici che si fanno per portare avanti l’impresa. Si fa startup quando si ha l’entusiasmo e il desiderio di apportare un cambiamento significativo nella società. Questo tipo di motivazione per una startup deep tech come la nostra è fondamentale anche perché si tratta di un mondo altamente competitivo dove il fallimento è un’ipotesi concreta.

Che tipo di consiglio darebbe ad aspiranti startupper?

È necessario fare un lavoro su sé stessi prima di cominciare e capire che si tratta di una scelta di vita. Se si fonda una startup bisogna sempre tenere a mente il peggior scenario possibile: accettarlo da subito è la prima cosa da fare. Poi c’è il tema del personale: è fondamentale assumere le persone giuste, quelle che si annoiano a stare in una grande industria strutturata e che vivono bene nel caos e non stanno comode nella routine. 

Ovviamente vanno pagate adeguatamente. L’ho detto anche prima e lo ripeto: il team è fondamentale. Di fronte ai guai bisogna remare tutti dalla stessa parte. La fiducia deve essere cieca, quello con il team di fondatori è forse un legame più stretto di un matrimonio. Voglio però sdrammatizzare con una massima che ho letto in un libro tanti anni fa.

E sarebbe?

Per fare startup servono tre cose: un team, un'idea e i soldi. Siccome non avrai mai tutto insieme, quando hai almeno due delle tre cose, parti. Se posso parlare della mia esperienza, è sempre stato vero.  


Tutte le interviste realizzate per la rubrica Startup in the Net sono disponibili a questo link.

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