La risoluzione sopra menzionata dal lettore, consente solo potenzialmente di considerare la figura del socio amministratore, anche non retribuito, quale forza lavoro valida per il riconoscimento della startup.
In realtà, la locuzione “a qualsiasi titolo” presente nella disciplina di riferimento in tema dei requisiti che la startup deve possedere (art. 25 comma 2, lett. h) n. 2 - D.L. 18/10/2012 n. 179 conv. con mod. Legge 17/12/2012 n. 221) deve essere raffrontata con le fattispecie previste dall’ordinamento giuridico.
Infatti, la citata Risoluzione, insieme al parere del Mise, chiarisce quali sono le suddette fattispecie, ossia:
(…) qualsiasi lavoratore percipiente un reddito di lavoro dipendente ovvero a questo assimilato possa essere ricompreso tra la forza lavoro rilevante ai fini della verifica della sussistenza del requisito “alternativo” in commento.
Pertanto, si ritiene che la citata locuzione faccia riferimento all’impiego retribuito nella società “a qualsiasi titolo” diverso da quello organico. Infatti, qualora i soci avessero l’amministrazione della società, ma non fossero in essa impiegati, gli stessi non potrebbero essere considerati tra la forza lavoro (…) atteso che la condizione relativa all’impiego nella società non risulterebbe verificata.
Invero, il socio lavoratore (anche amministratore) non può essere retribuito per la sua attività, di appunto, di socio lavoratore. L’art. 2247 c.c. tratta del contratto di società e prevede che lo scopo dei soci è la divisione degli utili, (comunque vietata nella startup) e non la retribuzione per l’attività svolta.
Per la figura del socio lavoratore si potrebbe applicare l’art. 2345 c.c. che tratta delle prestazioni accessorie ossia:
“Oltre l'obbligo dei conferimenti, l'atto costitutivo può stabilire l'obbligo dei soci di eseguire prestazioni accessorie non consistenti in danaro, determinandone il contenuto, la durata, le modalità e il compenso, e stabilendo particolari sanzioni per il caso di inadempimento. Nella determinazione del compenso devono essere osservate le norme applicabili ai rapporti aventi per oggetto le stesse prestazioni.
(…)”
Il reddito sarebbe configurato come assimilato a quello di lavoro dipendenti (art. 50, comma 1, lett. c-bis) e la contribuzione previdenziale (per i professionisti) deve fare riferimento alla propria cassa di previdenza (circolare Inps n. 45 del 09/03/2018). Per le altre categorie, verosimilmente, la gestione previdenziale dovrebbe essere quella della Gestione separata.
Come si evince tale fattispecie è peculiare e di non immediata applicazione.
Si ritiene pertanto che, ai fini del riconoscimento della posizione quale “forza lavoro”, il socio lavoratore debba essere inquadrato quale lavoratore subordinato (ovviamente in presenza di tutte le altre condizioni e compatibilità con le ulteriori “vesti” e pertanto, verosimilmente, NON rivestire altresì la carica di amministratore), ovvero quale lavoratore parasubordinato nel caso dell’applicazione delle prestazioni accessorie di cui sopra.
Infine, la citata Risoluzione prevede espressamente che i consulenti esterni titolari di partita iva non possono essere annoverati tra i dipendenti e i collaboratori rilevanti ai fini del citato rapporto.