Startup in the Net 2021 - Intervista a Dishcovery

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La rubrica Startup in the Net raccoglie una serie di interviste realizzate a startup innovative iscritte a EmiliaRomagnaStartUp e che ART-ER segue nel loro percorso di sviluppo e crescita.


Li avevamo lasciati mentre cercavano di reinventare il loro business in mezzo alla pandemia. Li ritroviamo oggi a poco più di un anno di distanza sulla rampa di lancio, pronti a rivoluzionare il mondo della ristorazione. Dishcovery, la startup nata a Modena nel 2018, si occupa principalmente di soluzioni digitali innovative per il settore food&beverage, ha appena concluso una campagna di equity crowdfunding di successo su Mamacrowd, un tassello importante nel percorso di crescita netto e costante. Giuliano Vita, founder insieme a Marco Simonini e CEO di Dishcovery, ci ha raccontato cosa è successo in questo periodo tra sviluppi presenti e prospettive future.

Come mai avete deciso di avventurarvi in una campagna di crowdfunding?

A differenza di altri, noi durante la pandemia abbiamo avuto un boost di crescita davvero notevole. I ristoranti si sono accorti che era necessario essere presenti on line diventando quindi più digitali, sviluppando l’e-commerce o l’attività di delivery, per fare solo un paio di esempi. Noi siamo stati in grado di rispondere tempestivamente a queste richieste. L’idea della campagna di crowdfunding ci è venuta a inizio 2021 perché sentivamo l’esigenza di scalare il mercato e di migliorare il prodotto ampliando le funzionalità di ciò che avevamo già. Volevamo rendere Dishcovery un servizio all-in-one per il ristoratore.

Che obiettivi vi siete posti mentre pianificavate questa operazione?

Se volevamo diventare il migliore prodotto sulla piazza dovevamo necessariamente investire per potenziare l’aspetto tecnologico. Siamo infatti determinati a mantenere la leadership di mercato in Italia. Se ad oggi abbiamo solo nel nostro paese 4mila ristoranti come clienti, il prossimo anno vogliamo raggiungerne almeno 6 o 7mila.

Come è andata la campagna? Ha soddisfatto le vostre aspettative?

Molto. Abbiamo raggiunto piuttosto in fretta l’obiettivo minimo dei 600mila euro anche grazie al supporto di Barcamper Ventures, fondo gestito da Primo Ventures e investitore istituzionale di Dishcovery, nonché all’ingresso tra gli investimenti del comparto AZ ELTIF - ALIcrowd, primo ELTIF di venture capital che utilizza anche il crowdfunding per ricercare le aziende oggetto di investimento, istituito da Azimut Investments SA e gestito in delega da Azimut Libera Impresa SGR SpA. 

In chiusura sono stati raccolti 706mila euro, ben 100mila euro in più di quello che ci eravamo prefissati. 

Come state gestendo il denaro raccolto?

Una delle nostre priorità è quella di assumere almeno due figure professionali che si occupino dello sviluppo tecnologico ma abbiamo ampliato l’organico con persone da impiegare nell’amministrazione, nel controllo di gestione e nel marketing. Abbiamo internalizzato diverse mansioni che prima erano affidate a consulenti esterni e abbiamo già avviato delle collaborazioni con aziende per il miglioramento del software. Così facendo possiamo avere persone full time sulle attività che riteniamo strategiche ma soprattutto cerchiamo di rendere automatici certi processi per il ristoratore. Se riusciamo a rendere il nostro cliente finale più autonomo, la nostra soluzione diventa più appetibile e la crescita è garantita.

Possiamo dire che le startup creano posti di lavoro?

Siamo partiti nel 2018 in due e nel giro di qualche anno siamo in dieci. Probabilmente il team si arricchirà a breve di altre due persone. La nostra politica, tra l’altro, è quella di assumere a tempo indeterminato. Quindi sì, possiamo dire che la nostra parte la facciamo. 

Che consiglio dareste a una startup come la vostra che voglia lanciarsi in una campagna di crowdfunding?

Va detto che per noi questa era la seconda volta. A fine 2018 avevamo lanciato una campagna su 200crowd.com. Era il nostro primissimo round e abbiamo raccolto 120mila euro con la partecipazione di circa sessanta soci quando ci eravamo dati come obiettivo minimo 50mila euro. Andò molto bene nonostante fossimo poco conosciuti. Su questo ci siamo fatti aiutare anche da ART-ER: il servizio Kick-ER ci ha dato una mano nell’organizzazione di un evento al quale parteciparono investitori e business angels e anche quest’anno ci hanno messo in contatto con i referenti della piattaforma. Con la campagna su Mamacrowd invece eravamo già una realtà più strutturata ma soprattutto avevamo un investitore come Azimut Investments SA che ci supportava. La differenza sostanziale sta nell’attività di pre-marketing, quando si devono instaurare le prime relazioni personali con gli investitori. Questa è la difficoltà più grossa. 

Come vi siete preparati?

Prima di iniziare abbiamo comunicato al pubblico, anche quello generalista, che stavamo per lanciare una campagna di equity crowdfunding. Lo abbiamo fatto anche usando i social network, lo strumento principale che usiamo per farci conoscere anche dalla nostra clientela. Poi siamo partiti con le call one-to-one con i potenziali investitori. Per la nostra esperienza, a prescindere dal numero dei contatti, non si può trascurare questa fase anche se investono solo poche migliaia di euro. Il mio consiglio è quello di comunicare tempestivamente al pubblico quando si ricevono le prime conferme di investimento per stimolare e per attrarre altri soggetti che si interessano al progetto e decidono di scommetterci a loro volta. Se posso permettermi di dare un altro consiglio, vorrei dire alle startup di curare molto il video in cui si presenteranno alla platea di investitori.

È così fondamentale?

Per noi sì, assolutamente. Che la campagna sia su Kickstarter o che sia di equity crowdfunding, bisogna sapere condensare bene tutto quello che si vuole dire in un video di massimo due minuti, trovando magari anche un modo originale per far conoscere il prodotto o servizio e per presentare il team. Il video è la prima cosa che l’investitore vede, bisogna farlo bene.

Al di là della raccolta di capitale, cosa vi hanno portato queste campagne?

Sicuramente tantissima visibilità. Basti pensare che con la prima campagna siamo entrati nel mirino di Primo Ventures che a fine 2019 ha investito su di noi. Per noi non è stata una mera raccolta fondi tramite investitori privati o istituzionali ma anche una vetrina verso il mondo della nostra clientela fatta di ristoranti e di catene che possono vedere subito i risultati. Una campagna è utile anche dal punto di vista commerciale perché abbiamo potuto premiare i primi ristoranti che hanno creduto in noi, molti dei quali sono diventati direttamente nostri soci. Quello che vorrei sottolineare è che dietro una campagna di successo c’è un bel lavoro di squadra.

Cosa significa per Dishcovery fare innovazione nella ristorazione?

Per tanti in questo settore c’è stato un livello di innovazione tecnologica molto basso. Tuttavia noi non crediamo che la proposta di soluzioni innovative sia l’unica strada. E il periodo della pandemia lo ha dimostrato quando abbiamo deciso di supportare i nostri clienti con diversi servizi con l’iniziativa Io sto con i ristoratori alla quale hanno aderito più di cinquanta aziende del comparto. Per questo abbiamo creato gruppi su Telegram e su Whatsapp, usiamo molto Instagram e sui canali social organizziamo webinar, mandiamo newsletter e file dove condividiamo cenni di marketing a volte basilari ma altre volte veicoliamo anche concetti più complessi. Per noi innovazione non vuol dire solo vendere il nostro prodotto ma anche fare cultura attraverso attività di formazione. Se c’è qualcosa che la pandemia ha insegnato ai ristoranti è che cucinare bene adesso non basta più. 


Tutte le interviste realizzate per la rubrica Startup in the Net sono disponibili a questo link.

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