Startup in the Net 2022 - Intervista a U&O

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La rubrica Startup in the Net raccoglie una serie di interviste realizzate a startup innovative iscritte a EmiliaRomagnaStartUp e che ART-ER segue nel loro percorso di sviluppo e crescita.


Per un dispositivo medico cinque anni per passare da un’idea al mercato sono davvero un lampo. È riuscita nell’impresa U&O, la startup del settore biomedicale, sul podio della Start Cup Emilia-Romagna nel 2016, e da poco tornata da Berlino dopo avere  partecipato alla tappa dello Smau grazie al supporto della Regione Emilia-Romagna e di ART-ER. Quando parla della crescita del suo progetto, Gianluca Sesenna, co-founder insieme a Andrea Santi e Mirco Porcari di U&O, tradisce la stessa emozione di quando parla dei pazienti che tornano a camminare grazie all’esoscheletro sviluppato dalla startup per la riabilitazione.

Sesenna, ci spiega con poche parole che cosa fate?

La nostra è una società che si occupa di progettazione, produzione e commercializzazione di dispositivi medici robotici indossabili, nella fattispecie esoscheletri per la riabilitazione del passo. U&O è nata nel 2016 come startup ma l'anno scorso, avendo superato i cinque anni dalla costituzione, è diventata una PMI innovativa.

Come è nata U&O?

L’idea è nata da una necessità riscontrata sul campo: avevo l'esigenza di fornire ai miei pazienti dei dispositivi per la riabilitazione efficaci e accessibili. Io mi sono laureato in Fisioterapia all'Università di Parma e conoscevo quindi il contesto di riferimento. Ne ho parlato con Andrea, mio amico dai tempi delle superiori e progettista meccatronico, e ci siamo resi conto che i processi di riabilitazione, fatti ancora manualmente, erano molto lunghi ma anche dispendiosi a livello di energie ma anche da un punto di vista economico, sia per il paziente sia per le strutture sanitarie. Abbiamo guardato a quello che offriva il mercato notando che strumentazioni più innovative e performanti c’erano, ma che erano costose e ancora lontane dall’essere lanciate sul mercato. Abbiamo deciso di scendere in campo unendo le competenze che avevamo: io seguivo la parte clinica, Andrea quella tecnica e Mirko, ingegnere informatico, si occupava della parte software.

Con che risultati?

Nel 2015 abbiamo creato un primo prototipo e siamo riusciti nell'intento di far alzare in piedi e camminare cinque persone. Questo è stato il kick-off del progetto, nato dall’amicizia e dall’entusiasmo nei confronti del progetto.

Su che tipo di patologie vi siete concentrati?

Siamo andati dritti al punto individuando il nostro target. Il nostro è un paziente che ha delle disabilità del cammino gravi o medio gravi e quindi lesioni spinali complete, incomplete, sclerosi multipla, pazienti con stroke emiplegici e Parkinson. Ci siamo subito resi conto che c’era uno scenario ancora più ampio di patologie su cui può essere applicata la nostra soluzione.

Cosa vi rende diversi dai vostri competitor?

Le caratteristiche distintive del nostro dispositivo sono prevalentemente due. La prima è la fruibilità della nostra tecnologia. Il nostro dispositivo in due minuti viene completamente configurato e personalizzato su uno specifico paziente a differenza degli altri che, per la stessa operazione, possono impiegare fino a mezz’ora. Si capisce bene che all'interno di contesti clinici, il fatto di ridurre o annullare tutti quei tempi di setup, crea un valore aggiunto molto importante perché consente, all'interno di una giornata lavorativa, l'applicazione su più pazienti. La nostra macchina inoltre offre una soluzione verticale su più tipi di pazienti grazie alla possibilità di personalizzare il percorso di riabilitazione, adattandolo a varie patologie e alle varie fasi di recupero.

Il vostro esoscheletro si usa solo nelle strutture preposte o si può anche usare in casa?

La nostra soluzione è stata certificata per due modalità di utilizzo. C’è una versione clinica che consente l'utilizzo in un contesto ospedaliero e può essere utilizzato in ambito riabilitativo ma c’è anche una destinazione d’uso personale che dà la possibilità al paziente di acquistarlo o noleggiarlo e fare un trattamento di eccellenza al proprio domicilio. Questo è il terzo driver di differenziazione che garantisce quel continuum of care di cui si parla molto oggi nel mondo della riabilitazione.

Che tipo di tecnologia sfrutta il vostro dispositivo?

Si tratta di una tecnologia robotica per la quale U&O ha ottenuto tre brevetti. Il dispositivo utilizza una serie di tecnologie composte da motori e sensori per una migliore integrazione macchina-uomo per fini riabilitativi e supporto al cammino.

Il vostro settore è quello della riabilitazione. Pensate di espandervi?

Abbiamo un reparto di ricerca e sviluppo che ha due linee di ricerca aperte su nuove tecnologie assistive che consentiranno un ampliamento dei mercati di riferimento.

Quanta gente lavora in U&O?

Internamente attualmente siamo in quattro persone ma abbiamo un network di collaboratori e professionisti associati al core team. Questo è un altro punto distintivo della nostra società. Abbiamo un team che ci consente di essere verticali su una specifica attività ma al contempo trasversale, visto che alcuni di noi hanno competenze non solo tecniche ma anche economico-finanziarie e commerciali.

A che tipo di fonti di finanziamento avete attinto in questi anni?

Abbiamo investito sull’idea con i nostri risparmi. Questo ci ha reso responsabili e molto efficienti visto che abbiamo messo soldi di tasca nostra. In più abbiamo partecipato a qualche iniziativa come la Start Cup e abbiamo vinto dei bandi, iniziative che ci sono servite per mettere a punto il prodotto e validarlo sul mercato, sia italiano che internazionale. Tutti i test che abbiamo fatto sono andati alla grande. Quando ci siamo trovati di fronte alla necessità di certificare il dispositivo e iniziare la produzione, abbiamo cominciato a cercare un fondo che investisse su U&O ma siamo stati considerati capital intensive. A quel punto siamo tornati a investire su noi stessi assumendoci tutti i rischi del fare impresa in campo MedTech, ad oggi possiamo ritenerci molto soddisfatti delle strategie intraprese e dei risultati conseguiti.

Siete stati selezionati per la tappa berlinese dello SMAU. Perché avete deciso di partecipare al bando?

Abbiamo un piano di espansione a livello internazionale. Siamo già presenti in Spagna, in Egitto, Singapore, Malesia, India e Australia ma non ancora in Germania. Quindi la partecipazione a SMAU ci è sembrata un’occasione da non perdere per cercare delle partnership commerciali come distributori o altre realtà interessate alla nostra tecnologia.

Come vi siete preparati?

Abbiamo chiesto quali fossero i partecipanti e in più noi abbiamo cercato di convogliare in fiera il nostro network. Inoltre a fine anno parteciperemo anche a Medica a Düsseldorf, la fiera più importante dedicata ai medical device. In quest’ottica SMAU è stato uno step di un percorso per aprirci al mercato tedesco. Al momento abbiamo due contatti e vedremo come germoglierà ciò che abbiamo seminato a Berlino.

Soddisfatti dell’accoglienza ricevuta?

Molto, anche se l’ambito health care, e la robotica nella fattispecie, fa sempre un po’ paura perché ha delle barriere all’ingresso molto elevate. Però c’è il rovescio della medaglia: è un mercato talmente difficile che non ci si può improvvisare quindi chi si avvicina a noi, sia da un punto di vista commerciale sia dal lato investitori, è un soggetto preparato. Noi con il nostro percorso siamo riusciti a rovesciare questo pregiudizio perché in soli cinque anni siamo arrivati là dove aziende molto strutturate e con grandi capitali non sono riusciti. Questo è un buon biglietto da visita per investitori e partner commerciali, italiani e non solo.

È emozionante vedere persone che grazie al vostro device tornano a camminare?

Sì, decisamente. Dal momento in cui abbiamo visto che il prototipo si muoveva da solo è stata una soddisfazione continua come quella volta in cui un paziente è tornato a camminare dopo 22 anni grazie al nostro esoscheletro. Ma è stato bello vedere la crescita di U&O in tutte le sue fasi, in Italia e all’estero. Fare così tanti passi avanti in così poco tempo, questo sì che è stato davvero vivere un’emozione.


Tutte le interviste realizzate per la rubrica Startup in the Net sono disponibili a questo link.

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