Rivoluzionare il mondo del food delivery, unendo il digitale al mondo della ristorazione in chiave sostenibile. È l’obiettivo di Welly, startup innovativa sostenuta dalle Serre di ART-ER fondata da quattro fratelli, Federico, Alessio, Giulio e Lorenzo Giacomello.
A raccontarla è Federico, che si occupa di finanza e, nel periodo del Covid, ha deciso di investire insieme ai tre fratelli su una nuova idea che potesse mettere insieme le competenze di ognuno, unendo obiettivi di crescita aziendale, sostenibilità economica e ambientale: «Ci vuole tanta passione, ma partendo dall’inizio e senza preconcetti, lo sforzo di tenere la mente libera apre tante strade».
La strada tracciata da Welly è chiara e parte dal concetto di “green kitchen”. Un nuovo modello di impresa che si contrappone a quello delle “dark kitchen”, luoghi troppo spesso sommersi dove i rider sono l’unica punta visibile e dove invisibili rimangono invece le persone che ci lavorano dentro così come le condizioni in cui si opera. «Dal punto di vista valoriale ci sono tantissime zone d'ombra. Noi, pensando invece al concetto di “green kitchen”, abbiamo individuato gli aspetti chiave del lavorare nel mondo food, ma specializzandosi sulla parte del delivery per rendere quei punti deboli dei punti di forza».
La “green kitchen”, che per ora è un primo laboratorio aperto alla fine del 2021 in via del Perugino a Bologna, è interamente alimentata da fonti rinnovabili, con strumenti interconnessi e di ultima generazione. Uno spazio pensato in primo luogo da Giulio Giacomello, che per anni ha lavorato come cuoco in diversi ristoranti: «Giulio ci ha disegnato la giornata di un cuoco. Lui stesso ha fatto la gavetta presso ristoranti stellati, lavorando 14 ore al giorno in ambienti molto piccoli a temperature elevate, dormendo in macchina. Abbiamo quindi progettato un ritmo e uno spazio completamente diverso: una cucina ampia, con aria condizionata, finestre che danno sul verde, orari prestabiliti», racconta Federico Giacomello.
C’è poi l’altro aspetto, quello legato alle consegne, che per ora si appoggia sulle piattaforme di food delivery: «Abbiamo relazioni con i rider che consegnano il cibo del nostro laboratorio, offriamo loro riparo nelle giornate di pioggia, c’è posto per sedersi, possono caricare il cellulare o bere un bicchier d’acqua. A volte basta davvero poco: far capire che li vediamo, che esistono», spiega il co-fondatore di Welly, che aggiunge: «Siamo piccoli e in crescita, l’obiettivo è quello di creare una filiera di rider sostenibile, con persone assunte dalla nostra startup.»
In primo piano è anche il tema della sostenibilità ambientale: Welly misura l’impronta ecologica, dalle scelte alimentari alle scelte tecnologiche e di processo, grazie a una carboon footprint degli alimenti. «Ogni piatto ha un suo impatto ambientale e cambiare qualche piccolo ingrediente può fare bene all’ambiente tenendo comunque uno standard alto e una percezione simile del piatto», spiega Federico Giacomello. «In Italia spesso il momento del food delivery è quello in cui si vuole chiudere un occhio senza pensare all’impatto. Noi ci lavoriamo con una “spinta gentile”, senza forzare il consumatore, trovando una soluzione senza imporre a chi ordina di dover salvare il mondo quella sera davanti al film. Magari lo salva il giorno dopo».
Quello della startup è un percorso che va avanti passo dopo passo, sperimentando e facendo tentativi che siano in linea con l’obiettivo: «Noi lavoriamo con dei virtual brand: li creiamo, comunichiamo e li lanciamo nel digitale. Se funzionano li portiamo avanti». Qualche esempio: «Uno dei virtual brand che funziona di più è quello che utilizza prodotti a base di pollo, come gli hamburger, che si chiama “Il pollo di Piero”, dal nome del nostro papà. Quando lanciamo un prodotto del genere non spingiamo sul fatto che mangiandolo riduca di un terzo l’impatto ambientale, ma sulla sua qualità e bontà».
Ma la sfida di Welly va anche oltre. «Stiamo provando a lavorare alla Welly Academy: l’idea è quella di aprire il nostro laboratorio a realtà o persone che hanno voglia di sperimentare i loro brand prima di, eventualmente, aprire un ristorante o un locale. Il nostro invito all'azione è di mettersi in contatto con noi e provare a sperimentare: il sogno è proprio di cercare di avere un'offerta per imprenditori giovani. Un modo anche per contaminarsi a vicenda».
Una contaminazione che arriva anche con un percorso fatto con l’università di Bologna e con quello insieme alle Serre di ART-ER: «Quella dell’incubazione - afferma Federico Giacomello - è una doppia opportunità, che non riguarda solo la crescita della nostra startup ma anche la contaminazione con altre realtà che stanno seguendo lo stesso percorso». Percorsi che si intrecciano, sapendo che, conclude il co-fondatore di Welly, «l'obiettivo è sempre migliorarsi, osare, un passo alla volta».