Startup in the Net - Intervista a Kinsect

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La rubrica Startup in the Net raccoglie una serie di interviste realizzate a startup innovative iscritte a EmiliaRomagnaStartUp e che ART-ER segue nel loro percorso di sviluppo e crescita. Per l'edizione 2023 abbiamo intervistato le startup selezionate dai programmi di accelerazione promossi da CDP Venture Capital Sgr - Fondo Nazionale Innovazione. 


Negli ultimi tempi si sente molto parlare di insetti in campo alimentare. Se non è immediato l’utilizzo per la preparazione dei nostri piatti, c’è un settore come quello dei mangimi animali che si approvvigiona già di questa materia prima.

Kinsect, la startup fondata a Reggio Emilia nel 2021 come società benefit, è un’impresa pioniera in questo campo: realizza impianti per l'allevamento della mosca soldato con l'obiettivo di fornire proteine sostenibili sviluppando una nuova catena di produzione basata su processi di economia circolare. Nei mesi scorsi Kinsect ha concluso il processo di accelerazione Terra Next promosso da CDP Venture Capital Sgr - Fondo Nazionale Innovazione, una tappa fondamentale per il piano di investimenti volto al perfezionamento della tecnologia sviluppata dalla startup. Per raccontarci i dettagli dell’impresa, abbiamo raggiunto Stefano Guerrieri, co-founder e CMO dell’azienda.

Guerrieri, di che cosa si occupa la vostra startup?

Kinsect realizza impianti per l'allevamento della mosca soldato con l'obiettivo di fornire proteine sostenibili per il settore dei mangimi animali. La tecnologia prevede anche l’allevamento perché va testata in ambiente operativo. La nostra soluzione infatti va a massimizzare il processo naturale di accoppiamento degli insetti e lo fa nel rispetto dell’ambiente. Per questo ci siamo costituiti come benefit company: vogliamo portare un contributo positivo alla società a 360° non solo per quanto riguarda la bioeconomy ma anche creando occupazione, portando competenze e favorendo questo tipo di cultura sul nostro territorio. 
Tornado a Kinsect, il progetto risponde a una necessità sia di tipo ecologico che produttivo, risolvendo sostanzialmente due problemi: quello della sicurezza alimentare ma anche quello di una corretta produzione delle proteine in vista dell'aumento della popolazione già in atto e destinata ad aumentare.

In che modo lo fa?

Il sistema di allevamento sviluppato da Kinsect permette la bio-conversione di sottoprodotti dell'industria alimentare e dell'agricoltura come il mangime per le larve della mosca soldato, sviluppando una nuova catena di produzione basata su processi di economia circolare. Le aziende che hanno cominciato a coltivare insetti si trovano in una fase di crescita, quindi è necessario creare degli impianti di portata industriale.

Chi sono i vostri clienti?

I nostri clienti sono le insect farm, alcune realtà leader nella produzione di insetti in Italia. Le proteine derivate dagli insetti sono utilizzate principalmente nel pet food e nell’itticoltura. Qual è in vantaggio? Crescendo gli insetti senza antibiotici, tali proteine sono di altissima qualità e ipoallergeniche. Inoltre di solito viene impiegata la farina di pesce la cui produzione ha un grosso impatto ambientale ma il discorso non è diverso anche quando parliamo di origine vegetale con l’impiego della soia.  
Si stima che nel 2030 solo in Europa ci sarà la necessità di un milione di tonnellate di proteine da insetti ma al momento ne produciamo solo 100 tonnellate l’anno. È necessario uno scale up di questo settore. Ed è proprio qui che entra in gioco Kinsect con la sua tecnologia per automatizzare i processi.

Come è nata l'idea?

Tutto ruota attorno alla curiosità su questo mondo. Il progetto partito nel 2016 in ambito universitario si è concretizzato più avanti grazie a un bando Horizon 2020. Abbiamo capito che potevamo migliorare ma soprattutto industrializzare quella fase così particolare che va dall’accoppiamento alla crescita delle larve neonate, sarebbe a dire la base della produttività di un impianto di produzione di proteine di questo tipo. Abbiamo fatto dei test grazie a cui abbiamo sviluppato un impianto pilota TRL 7, concentrandoci soprattutto sulle gabbie di accoppiamento, passaggio che avviene in volo. Pertanto servono delle voliere: in un secondo momento abbiamo realizzato un ovodepositore che ci permette di raccogliere le uova in un unico punto e di estrarle tramite un braccio meccanico. Abbiamo portato l’innovazione là dove prima non c’era automatizzazione ma un processo manuale.

Da chi è composto il team?

Siamo quattro co-founder. Ci sono Marco e Giacomo Benassi, rispettivamente CEO e CTO dell’azienda oltre che figlio e padre. Giacomo ha un PhD in fisica ed è lui che cura l'allevamento delle mosche soldato dal 2016 ed è l'inventore del processo. Marco, ingegnere, si occupa della parte dell’automazione industriale. Giovanni Andrea Ferrari invece è il CFO di Kinsect: è lui che gestisce gli aspetti finanziari e della gestione dei bandi. Poi ci sono io, Stefano Guerrieri: mi occupo delle attività di marketing, del rapporto con gli stakeholder e del fundraising. Fa parte del team dall’inizio anche Giulia Pinotti, la nostra entomologa.

Nel 2023 invece avete partecipato a Terra Next. Cosa ci dice del programma?

Ci siamo candidati e, tra le migliaia di proposte, siamo stati selezionati ricevendo un primo investimento di circa 100mila euro. Il percorso di accelerazione prevedeva una serie di appuntamenti formativi sia in presenza sia on line, incentrati soprattutto sugli aspetti finanziari e sulla presentazione dell’idea di impresa con un’attenzione particolare alla sostenibilità. Lo scopo del programma è quello di arrivare preparati al Demo Day: una bella vetrina per trovare investitori ma ovviamente poi sta alla startup correre con le proprie gambe.

Come è andata la vostra «corsa»?

Stiamo costruendo il primo round seed in questo momento e stiamo procedendo due diligence con diversi investitori. L’obiettivo è quello di ottenere tra i 650mila e gli 850mila euro necessari a completare una roadmap di sviluppo di 24 mesi. Un investimento che ci permetterà di sviluppare la tecnologia e di industrializzarla con un impianto che passerà da TRL 7 al TRL 9. Abbiamo già i primi PoC commerciali oltre che i primi clienti. Proprio per la natura del nostro prodotto da rubricare alla categoria deep tech, l’operazione va seguita con cura sapendo che ci vuole del tempo. Siamo però fiduciosi: abbiamo già raccolto dei commitment a garanzia dell’apertura del fundraising.

Che tipo di relazione avete con ART-ER?

Noi siamo già parte di Tech-Up Accelerator, la rete per l’innovazione che ha sede a Reggio Emilia, ma ART-ER è per noi il referente ufficiale per il settore delle start up in Emilia-Romagna principalmente per quanto riguarda l’attività di promozione bandi e finanziamenti. Proprio recentemente abbiamo vinto il bando della Regione per lo sviluppo delle startup innovative.

Che consiglio dareste ad aspiranti startupper?

Fare impresa in Italia è una bella sfida quindi bisogna avere consapevolezza di ciò in cui ci si va a cimentare prima di buttarsi magari con fondi propri. È preferibile procurarsi gli strumenti giusti per iniziare attraverso, per esempio, programmi di incubazione e di accelerazione.
I miei soci ed io veniamo tutti da famiglie che hanno avuto una storia imprenditoriale e ne abbiamo costruita una nostra personale con altri progetti e altre startup. Dico questo per sottolineare che di un certo tipo di percorso conosciamo sia la complessità sia il grado di rischio ma amiamo l’idea di creare qualcosa di nostro. Qualcosa che per giunta abbia anche un impatto positivo sul mondo in cui viviamo. Per farlo dobbiamo essere bravi ma non solo. Ammetto che un po’ di fortuna non guasta.


Tutte le interviste realizzate per la rubrica Startup in the Net sono disponibili a questo link.

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