Startup in the Net 2023 - Intervista a HMDrive

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La rubrica Startup in the Net raccoglie una serie di interviste realizzate a startup innovative iscritte a EmiliaRomagnaStartUp e che ART-ER segue nel loro percorso di sviluppo e crescita. Per l'edizione 2023 abbiamo intervistato le startup selezionate dai programmi di accelerazione promossi da CDP Venture Capital Sgr - Fondo Nazionale Innovazione.


Un sistema che utilizza occhiali di realtà aumentata per migliorare l’esperienza di guida delle persone. È questo l’obiettivo della startup HMDrive. Si tratta di uno spin-off del Politecnico di Milano che ha scelto di insediarsi a Modena: una scelta naturale per chi opera nell’automotive. HMDrive è una delle startup protagoniste del programma promosso da Motor Valley Accelerator, l’acceleratore mobility della rete CDP Venture Capital Sgr - Fondo Nazionale Innovazione. 

Il co-founder e CEO Marco Centurioni ci racconta i dettagli di questa avventura imprenditoriale.

Centurioni, ci spiega di cosa si occupa HMDrive?

Vogliamo rendere possibile un nuovo tipo di interfaccia tra veicolo e conducente basata sulla realtà aumentata. In particolare il nostro prodotto è una piattaforma software e hardware in grado di trasformare ogni occhiale olografico, quelli che comunemente chiamiamo occhiale di realtà aumentata, in uno strumento per la visualizzazione di tutte le informazioni che sono necessarie quando si guida. L'occhiale si chiama anche Head Mounted Display, il cui acronimo è HMD: ecco giustificato il nome della nostra startup.

Qual è il percorso che vi ha fatto venire l’idea?

Tutto è iniziato nel 2019 all'interno del Politecnico di Milano nell’ambito di un progetto di ricerca in collaborazione con alcune aziende del mondo automotive che avevano manifestato la necessità di applicare la realtà aumentata a bordo veicolo. Occorreva un supporto visivo continuativo al conducente che potesse garantire sicurezza ed immersività allo stesso tempo, offrendo un livello di qualità delle immagini superiore ai già diffusi Head Up Display, sarebbe a dire al sistema di proiezione sul parabrezza dell’auto. L'attività di ricerca si è quindi incentrata sullo sviluppo di un sistema che permette di posizionare in maniera accurata e precisa gli occhiali di realtà aumentata a bordo veicolo, rendendone quindi possibile l’utilizzo anche durante la guida.

Da chi è composto il team e quali sono le sue caratteristiche?

Siamo in quattro e ci siamo conosciuti all’interno del MOVE, il gruppo di ricerca afferente al Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria (DEIB) del Politecnico di Milano. Il nostro è un caso vero e proprio di technology transfer dal mondo universitario al mondo industriale. Io, ingegnere dell'automazione e del controllo, sono entrato come ricercatore, mentre Luca Franceschetti, il mio socio, laureato in Computer Science e Ingegneria Informatica stava facendo il dottorato. Completano il team due docenti del Politecnico di Milano, Sergio Savaresi e Matteo Corno, rispettivamente Direttore del Dipartimento e professore associato di Automation And Control in Mobility.

È grazie alle nostre competenze che siamo riusciti a mettere a punto la tecnologia alla base della soluzione che abbiamo ideato. Io come ingegnere dell'automazione sono ferrato sulla dinamica del veicolo e su tutti gli aspetti algoritmici, Luca invece è specializzato in algoritmi di intelligenza artificiale e nello sviluppo software: la parte di computer vision si è combinata bene con questo duplice background.

In che modo il programma Motor Valley Accelerator ha rappresentato una svolta per il progetto?

Lombardia e Emilia-Romagna sono tra i contesti regionali più prolifici per le startup ma per quanto riguarda il mercato automotive non c'è dubbio che stabilirci nella Motor Valley sia stata per noi una scelta strategica. Possiamo beneficiare di un ecosistema che collabora già con gran parte di quelli che sono i nostri potenziali clienti. Quando siamo stati selezionati per il programma di accelerazione abbiamo pensato subito che fosse il contesto perfetto per dare uno sbocco di mercato alle precedenti attività di ricerca e sviluppo. I partner di CDP sono la piattaforma per l’innovazione PlugandPlay e CRIT, società che favorisce il confronto tra aziende su problemi e soluzioni tecniche, gestionali, organizzative. Per noi è stato di fondamentale importanza avere la possibilità di avere contatti privilegiati con le più grandi realtà del settore che sono parte del network. Inoltre essere inseriti in un programma di questo tipo ci offre un percorso di crescita veloce, presentandosi anche come una porta di ingresso per la raccolta di finanziamenti. L’acceleratore stesso investe in fase di selezione circa 100mila euro.

Cosa avete fatto con questa prima somma di denaro?

Abbiamo impiegato l’investimento per passare da un TRL 5 a un TRL 6. In parole povere, da un dimostratore di laboratorio siamo arrivati ad un prototipo funzionante che ci consente di avviare progetti pilota, fondamentali per dimostrare alle aziende di settore il potenziale della nostra tecnologia. Al momento stiamo sviluppando applicazioni specifiche nell’ambito delle auto sportive e in quello dei trattori agricoli ma la prospettiva di medio e lungo termine è quella di consolidare una piattaforma software e hardware in grado di rendere possibile l’utilizzo di occhiali di realtà aumentata su qualsiasi tipologia di mezzo di movimento. Non parliamo solo di auto o veicoli agricoli ma anche, faccio qualche esempio, di navi, aerei, elicotteri o camion.

Avere un prodotto testato dal vivo e ottenere i feedback dell’utilizzatore finale è lo step fondamentale per ottenere collaborazioni continuative di carattere commerciale con le grandi aziende con cui abbiamo già contatti, oltre che dimostrare agli investitori l’interesse del mercato. Il nostro obiettivo infatti è raccogliere un round di finanziamento entro la fine dell’anno per completare lo sviluppo del prodotto ed entrare ufficialmente nel mercato entro un anno.

Come vi state muovendo per raggiungere il vostro scopo?

Stiamo lavorando per coinvolgere investitori terzi oltre al Motor Valley Accelerator, fondi di venture capital, di corporate venture capital e business angel, un dialogo cominciato con l’Investor Day della fine dell’anno scorso. È proprio in quella occasione che abbiamo conosciuto ART-ER. Da quel momento in poi siamo rimasti in contatto anche per conoscere le opportunità offerte dal territorio. Questo è stato possibile grazie all’acceleratore che ci ha introdotto nell’ecosistema regionale dell’innovazione. Il network è uno dei punti di forza del programma. 

Tornando al round di investimento, l’obiettivo è di circa 800mila euro, questa la cifra che ci serve per allargare il team e investire nello sviluppo e completamento del prodotto. Possiamo già dire che su questo abbiamo ottenuto  un interesse esplicito da parte dell’acceleratore stesso a partecipare al round con una cifra considerevole e siamo alla ricerca di un lead investor per completare il round. La nostra ambizione è diventare il punto di contatto tra la realtà aumentata e il mondo automotive grazie all’impatto positivo della nostra tecnologia. Se il settore della realtà aumentata è ancora poco maturo in Italia, per quanto riguarda l’automotive siamo di sicuro nel posto giusto.

Quando si è iscritto al Politecnico di Milano si immaginava un futuro da imprenditore?

Ho sempre cercato di trovare la soluzione ai problemi che mi venivano posti con quello che posso definire un approccio molto ingegneristico. Questo ha determinato la mia scelta universitaria oltre alla passione che nutrivo per la matematica. Durante la laurea triennale ho lavorato con alcuni amici su progetti imprenditoriali startup e ho conosciuto il mondo dell’innovazione. In parallelo alla laurea magistrale ho frequentato l’Alta Scuola Politecnica, dove ho arricchito la mia formazione con altre conoscenze, anche di natura economica e finanziaria. Quindi diciamo che mi sono scoperto imprenditore in corso d’opera. E sono molto felice in questa veste.

Quali consigli darebbe ad aspiranti startupper?

Di circondarsi di persone che possano aiutarti a crescere e soprattutto di cercare suggerimenti da chi ha esperienza sul campo. E poi che bisogna buttarsi con la giusta predisposizione, accettando anche i fallimenti. Inoltre mi viene in mente un’intervista a Steve Jobs in cui rispondeva a come fosse riuscito ad avere successo. Lui rispose che, a differenza di altri, aveva avuto il coraggio di chiedere aiuto e che mediamente le persone sono disponibili a darti supporto. Ecco, se uno riesce a ragionare in questa maniera, fare startup diventa il lavoro più bello del mondo.


Tutte le interviste realizzate per la rubrica Startup in the Net sono disponibili a questo link.

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