L’INPS, con il messaggio n. 3359 del 17/09/2019, ha recepito l’orientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione degli ultimi anni, e ha fissato i criteri di compatibilità tra la carica di amministratore e il rapporto di lavoro subordinato presso la medesima società.
Le condizioni di compatibilità sono:
- che il potere deliberativo (come regolato dall’atto costitutivo e dallo statuto), diretto a formare la volontà dell’ente, sia affidato all’organo (collegiale) di amministrazione della società nel suo complesso e/o ad un altro organo sociale espressione della volontà imprenditoriale il quale esplichi un potere esterno;
- che sia fornita la rigorosa prova della sussistenza del vincolo della subordinazione (anche, eventualmente, nella forma attenuata del lavoro dirigenziale) e cioè dell’assoggettamento del lavoratore interessato, nonostante la carica sociale, all’effettivo potere di supremazia gerarchica (potere direttivo, organizzativo, disciplinare, di vigilanza e di controllo) di un altro soggetto ovvero degli altri componenti dell’organismo sociale a cui appartiene;
- il soggetto svolga, in concreto, mansioni estranee al rapporto organico con la società; in particolare, deve trattarsi di attività che esulino e che pertanto non siano ricomprese nei poteri di gestione che discendono dalla carica ricoperta o dalle deleghe che gli siano state conferite.
Volendo riassumere le diverse fattispecie di Amministratore, emerge:
Presidente del Consiglio di Amministrazione
La carica di Presidente di una Società di capitali non è (più) da considerare incompatibile con la figura di lavoratore subordinato, in quanto, anche il Presidente, come qualsiasi membro del Consiglio di Amministrazione, può essere soggetto a direttive/decisioni/controlli dell’organo collegiale. E ciò anche nel caso in cui al Presidente sia stata conferito il potere di rappresentanza.
Amministratore Delegato
Tale fattispecie è compatibile nei limiti di quanto previsto nella delega conferita dal Consiglio di Amministrazione. Per esempio, se egli è munito di delega generale, con facoltà di agire senza il consenso del C.d.A, la sua carica è incompatibile con un rapporto di lavoro subordinato.
Amministratore Unico
L’Amministratore Unico è detentore del potere di esprimere da solo la volontà propria dell’ente sociale, come anche i poteri di controllo, di comando e di disciplina. In questo caso, l’assenza di una relazione intersoggettiva, suscettibile – almeno astrattamente – di una distinzione tra la posizione del lavoratore in qualità di organo direttivo della società e quella del lavoratore come soggetto esecutore delle prestazioni lavorative personali (che, di fatto, dipendono dallo stesso organo direttivo), ha portato i giudici a sancire un principio di non compatibilità tra la qualità di lavoratore dipendente di una società e la carica di amministratore unico della medesima.
Pertanto, ancorché formalmente le due fattispecie proposte dal lettore siano compatibili, tuttavia essendo i medesimi amministratori anche soci, nella misura ciascuna del 45%, rappresentando pertanto il 90% del capitale sociale, risulta difficile sostenere che le condizioni di cui sopra si possano avverare. Di fatto, i citati amministratori (soci), nella veste di lavoratori subordinati, da chi prendono gli ordini?
Il rischio, tra gli altri, è che a posteriori, l’Inps potrebbe disconoscere il rapporto di lavoro subordinato e non riconoscere i contributi via via versati negli anni durante il rapporto di lavoro, e quindi non riconoscere il diritto alla pensione.