Startup in the Net 2023 - Intervista a Tomapaint

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La rubrica Startup in the Net raccoglie una serie di interviste realizzate a startup innovative iscritte a EmiliaRomagnaStartUp e che ART-ER segue nel loro percorso di sviluppo e crescita. Per l'edizione 2023 abbiamo intervistato le startup selezionate dai programmi di accelerazione promossi da CDP Venture Capital Sgr - Fondo Nazionale Innovazione. 


Del pomodoro non si butta via niente. Ce lo dimostra l’esperienza di Tomapaint, una startup che si occupa di economia circolare da quando la maggior parte delle persone non sapevano neanche di che cosa si trattasse. Una storia cominciata grazie al ritrovamento nella biblioteca della Stazione Sperimentale per l’Industria delle Conserve Alimentari (SSICA) di Parma di un metodo per ottenere vernici senza usare il petrolio risalente al periodo della Seconda Guerra Mondiale. Uscita dal cassetto quella «ricetta» è oggi una soluzione innovativa che valorizza gli scarti dell’industria di trasformazione di pomodoro, pronta a entrare nel mercato dopo anni di ricerca, test e partecipazione a progetti europei. Tomapaint inoltre si sta preparando a un round di finanziamento dopo avere recentemente concluso il programma di accelerazione Terra Next promosso da CDP Venture Capital Sgr - Fondo Nazionale Innovazione. Abbiamo parlato con Tommaso Barbieri, co-founder di Tomapaint, dei progressi compiuti dalla startup nata dopo avere partecipato all’edizione 2018 della Start Cup Emilia-Romagna.

Barbieri, ci spiega nel dettaglio cosa fa Tomapaint?

Recuperiamo gli scarti dall'industria di trasformazione del pomodoro e dalle bucce estraiamo una bioresina detta cutina, una materia prima che può essere utilizzata in più modi. In un primo momento veniva impiegata come principale ingrediente per la formulazione di vernici per imballaggi metallici per alimenti ma con il tempo abbiamo visto che le applicazioni sono molteplici

In base alle nostre ricerche su scala industriale siamo gli unici a farlo in Europa e molto probabilmente anche nel mondo.Su scala di laboratorio ci sono invece diverse ricerche e studi per estrarre la cutina.  

Ci può fare qualche esempio?

Sono stati ottenuti ottimi risultati anche nella pellicola che ricopre gli imballaggi e i bicchieri di carta ma, oltre che nel settore alimentare, stiamo lavorando anche nella cosmetica, in particolare nella produzione di make up. Inoltre anche nei prodotti per il giardinaggio viene utilizzata la cutina come ingrediente. Stiamo infatti collaborando con un'azienda danese specializzata in campi da golf: sfruttano l’idrofobicità della cutina per realizzare prodotti volti a proteggere il manto erboso dall’umidità. Ma le applicazioni non finiscono qui. A livello di test o di ricerca siamo impegnati nel settore del legno, in quello della cellulosa usata per i pannolini e in quello dei beni culturali metallici. Ci sono, ad esempio, vecchi aerei che hanno bisogno di essere protetti da fenomeni corrosivi. Occorre specificare che noi forniamo la cutina e poi sono i laboratori delle varie aziende a cercare la soluzione ideale per i loro scopi.

Chi l’avrebbe detto che si può ricavare tutto questo da una buccia di pomodoro.

E c’è dell’altro. Noi valorizziamo anche gli scarti dello scarto, sarebbe a dire i semi e le bucce esauste, mandandoli a biogas. Tuttavia i semi possono essere impiegati per i biocarburanti o per estrarre olio di pomodoro per usi culinari mentre le bucce, che dopo il nostro processo non contengono più cutina, essendo ricche di licopene possono essere usate in nutraceutica oppure c’è una startup nel settore delle bioplastiche che le recupera.

Da chi è composto il team?

Siamo i quattro che hanno costituito la startup dopo l’esperienza della Start Cup Emilia-Romagna. Oltre a me che seguo la parte operativa e i progetti europei c’è Angela Montanari, CEO e responsabile scientifica, e i fratelli Stefano e Alessandro Chiesa, con noi fin dall’inizio. Sono i proprietari di un’azienda agricola con un impianto di biogas alimentato da scarti agroalimentari, tra cui le bucce di pomodoro. Poi ci avvaliamo della collaborazione di tre persone in consulenza: una ci aiuta dal punto di vista commerciale, una mi affianca sulle questioni gestionali e una segue l’aspetto chimico del processo.

Ha menzionato la Start Cup. Cosa ha rappresentato per voi?

La business plan competition per noi è stata un ottimo trampolino di lancio. È un percorso di accompagnamento molto importante per capire se ci sono le potenzialità per fondare un’azienda oppure no. Alla Start Cup siamo arrivati secondi e questo ci ha permesso di partecipare al PNI vincendo il premio Matheria. Un altro grande incoraggiamento per noi che eravamo all’inizio.

Quando vi siete candidati a che punto era Tomapaint?

Noi ci siamo presentati con un’idea già piuttosto strutturata e un prodotto validato che aveva una base solida dal punto di vista tecnico. Dovevamo sviluppare tutta la parte hardware però: era necessario passare da un impianto pilota a uno industriale. Questo passaggio è stato reso possibile grazie al progetto europeo EIC Accellerator del programma Horizon 2020. Grazie al bando abbiamo ottenuto anche una grande visibilità a livello internazionale: ci hanno contattato aziende, centri di ricerca è università da tutta Europa. Ed è così che abbiamo iniziato a considerare altri campi di applicazione della cutina.

Che tipo di supporto avete avuto da ART-ER?

Dalla Start Cup in avanti non ci siamo mai persi di vista. Abbiamo partecipato anche alla fase 1 e 2 del programma Climate-KIC Startup Accelerator Italy che ci ha consentito di avere un sostegno economico per far fronte alle prime necessità come ad esempio la registrazione del marchio il sito web, oltre a formazione, coaching e condivisione di contatti per noi molto utili in quel momento. Inoltre ci siamo sempre confrontati quando avevamo difficoltà sulla compilazione di certa documentazione o quando dovevamo partecipare a bandi.

Siete state tra le startup selezionate da Terra Next. Come è andata?

Siamo stati contattati direttamente per invitarci a rispondere alla call. Dopo essere stati selezionati abbiamo ricevuto un primo investimento di circa di 100mila euro che abbiamo destinato in parte alla copertura dei costi aumentati in seguito alla lievitazione dei prezzi durante il Covid. La realizzazione dell’impianto in seno all’EIC Accelerator è avvenuta proprio in quel periodo.

Abbiamo seguito una parte formativa grazie a cui abbiamo rimesso mano al business plan e abbiamo capito come ampliare la rete dei potenziali clienti, alcuni dei quali erano tra i partner dell’acceleratore stesso. Tuttavia l'obiettivo principale del programma era quello di presentarsi a una platea di investitori. In questo momento stiamo proprio portando avanti una trattativa per un round di finanziamento.

Un’opportunità arrivata grazie al percorso di accelerazione?

A investire sarebbe Terra Next insieme a due fondi di investimento. A quel punto la Commissione Europea si attiverebbe per raddoppiare quell’investimento: questo era previsto dal bando EIC Accelerator. Ora stiamo discutendo della bozza di pre-contratto dove si elencano le condizioni che dovranno essere formalizzate una volta che si andrà a chiudere. Queste operazioni si dovrebbero concludere entro la fine di luglio.

Cosa c’è adesso nella vostra road map?

Entro l’anno contiamo di cominciare a raccogliere i primi ordini per iniziare a produrre in modo più consistente nel 2024. L’obiettivo è andare a regime con l’impianto nel 2025. Anno in cui dovremmo essere in grado di trasferire la tecnologia altrove attraverso licensing, concedendo dunque il nostro brevetto in licenza in altri impianti dove c’è una grande concentrazione di scarti di pomodoro per produrre la cutina in loco. Se riusciamo a chiudere il round, la parte di test su altre applicazioni andrebbe più spedita e inoltre saremmo anche in grado di assumere personale.

Per quelli che vengono dal mondo della ricerca e vogliono mettersi in impresa, che consiglio dareste?

Di mettersi in gioco anche se non si è del mestiere, impegnandosi molto perché si ha a che fare anche con temi sconosciuti come quelli legati agli aspetti aspetti economico finanziari o comunque di gestione di un'azienda. Dico anche di cogliere al volo opportunità come la Start Cup: sono iniziative utili a colmare certe lacune.

Quindi l’incontro tra ricerca e impresa è possibile?

Altrochè! In tutti i programmi a cui ho partecipato ho incontrato molte startup e la maggior parte venivano dal mondo della ricerca. Anzi, a pensarci bene non mi viene in mente nessuno che non avesse un background di questo tipo.


Tutte le interviste realizzate per la rubrica Startup in the Net sono disponibili a questo link.

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