Non esiste uno specifico divieto legislativo alla fattispecie proposta dal lettore. Tuttavia occorre verificare la compatibilità giuridica della figura dell’amministratore unico con quella del lavoratore subordinato.
Da un punto di vista del diritto societario, (e in tal senso v. Alberto Canova, Diritto e Pratica delle Società, n. 9, settembre 2010, Il Sole 24 Ore, Milano) il fatto che il socio-amministratore sia anche dipendente della medesima Società, non pregiudica di per sé gli atti compiuti verso i terzi. Tuttavia occorre verificare il problema del conflitto di interessi, poiché gli atti relativi al rapporto di lavoro dipendente potrebbero trovarsi in conflitto con quelli della figura dell’amministratore (e viceversa). Per le Srl, (a cui l’art. 2463-bis, disciplinante la società a responsabilità limitata semplificata, rimanda) è l’art. 2475-ter che disciplina la fattispecie del conflitto di interessi, prevedendo anche l’annullabilità dei contratti stipulati in situazione di conflitto di interessi.
A parte il problema del conflitto di interessi, resta comunque irrisolvibile quello derivante dal requisito cardine del lavoratore subordinato che è, appunto, la subordinazione. (cnf. art. 2094 c.c.) Nella fattispecie prevista dal lettore, manca tale vincolo, poiché il lavoratore subordinato si troverebbe alle dipendenze di sé stesso.
Fra le tante sentenze della Corte di Cassazione, che hanno sancito tale incompatibilità, è utile richiamare quella del 24 maggio 2000 n.6819 che ha affermato che la qualifica di amministratore unico di una società non è compatibile con la condizione di lavoratore subordinato alle dipendenze della stessa società, non potendo ricorrere in tal caso l’effettivo assoggettamento al potere direttivo, di controllo e disciplinare di altri, che si configura come requisito tipico della subordinazione.
L’Inps, con la circolare del 8 agosto 1989 n. 179 ha affrontato, tra le altre, la suddetta fattispecie, trattando la figura del soggetto che riveste una carica amministrativa che rende evanescente la sua posizione di subordinazione rispetto agli altri. E’ il caso del presidente, dell’amministratore unico e del consigliere delegato. In tali casi, prosegue l’Inps, i suddetti soggetti esprimono da soli la volontà propria della Società, compreso anche i poteri di controllo, di comando e di disciplina. In altri termini, in veste di lavoratori, essi verrebbero ad essere subordinati di sé stessi, fatto non giuridicamente possibile. Per essi pertanto, continua la circolare Inps, “in linea di massima, è da escludere ogni riconoscibilità di rapporto di lavoro subordinato e della conseguente assoggettabilità agli obblighi assicurativi.”
In conclusione si può quindi affermare che, ancorché non sussista un divieto legislativo, non risulta compatibile la coesistenza della figura dell’amministratore unico con quella di lavoratore subordinato.
Sono amministratore unico di una Srl Semplificata composta da 2 soci (1 sono io). Posso essere come tale assunto dalla società come dipendente con contratto a tempo indeterminato?
Risposta
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In linea di principio, nulla osta alla coesistenza delle fattispecie, tuttavia queste non devono essere in concorrenza tra di loro. Più specificatamente:
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Verosimilmente il contratto di lavoro in essere tra il lettore e l’ente pubblico è un contratto di post doc, meglio identificato come “assegno di ricerca”. Tale contratto è una fattispecie tipica del sistema universitario (e non delle società di capitali quale è la startup innovativa).
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La Società startup innovativa, nella veste di società a responsabilità limitata, può anche rivestire i “panni” della Società Benefit (ovviamente in presenza dei relativi e rispettivi requisiti).