Startup in the Net 2021 - Intervista a IUV

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La rubrica Startup in the Net raccoglie una serie di interviste realizzate a startup innovative iscritte a EmiliaRomagnaStartUp e che ART-ER segue nel loro percorso di sviluppo e crescita.


L’ambizione è quella di rivoluzionare il mondo della chimica industriale valorizzando le risorse già a disposizione in natura. IUV è la startup fondata nel 2019 da Cosimo Maria Palopoli che offre soluzioni per il confezionamento di beni di largo consumo rivolto sia al mercato food che a quello non food. Palopoli che in IUV ricopre il ruolo di CEO ci racconta come si sta evolvendo il progetto anche grazie alla partnership siglata a luglio 2021 con Tozzi Group, uno dei principali gruppi italiani nel settore delle energie rinnovabili e fra i principali player mondiali nell’elettrificazione rurale.

In una manciata di parole, cosa fa IUV?

La nostra startup concentra le proprie attività di ricerca e sviluppo nella produzione e commercializzazione di soluzioni sostitutive della plastica impiegando gli scarti dell’industria alimentare come cereali e ortofrutta ma utilizza anche quelle componenti vegetali che vanno ad impattare sugli ecosistemi marini come le alghe.

 Come è nata l’idea?

Nel 2011, andavo ancora a scuola, mi è capitato di leggere il rapporto della FAO in cui si diceva che ogni anno vanno buttati 1,3 miliardi di tonnellate di generi alimentari. Il tema degli sprechi nell’industria alimentare mi è rimasto in testa e mi è tornato comodo quando ho dovuto decidere quale corso di studi intraprendere visto che non avevo superato il test di ingresso di medicina. Mi sarebbe piaciuto diventare medico come i miei genitori. Mi sono quindi iscritto a Scienze e tecnologie alimentari all’Università di Firenze e poi con la laurea magistrale Università Cattolica del Sacro Cuore a Piacenza mi sono specializzato in quelli che io chiamo naturameri.

Cosa sono i naturameri?

È un neologismo che potrebbe trasformarsi anche in un marchio registrato, nato da uno scambio di battute con Neri Oxman, una famosa bioarchitetto del MIT di Boston. Lei è una grande visionaria e fa riferimento a processi di ingegnerizzazione volti al benessere delle generazioni future pensando a come la natura possa ispirare un processo creativo. Per noi la natura è un verbo, quindi naturare, che si applica alle unità fondamentali della vita cioè i polimeri. Elementi pertanto che si presentano come qualcosa di integro, incontaminato.

Dai neologismi agli acronimi: cosa significa IUV, il nome scelto per la vostra startup?

IUV sta per Innovation Utility Vehicle, il motore dell’innovazione. Noi siamo convinti che il concetto di innovazione non si possa limitare a una semplice scoperta o a una novità ma a un processo che lega indissolubilmente il passato con il presente aprendo le porte del futuro e cambiando il modo di vivere della comunità.

Ci parla dei vostri prodotti?

Attualmente stiamo veicolando i nostri prodotti con due brand che etichettano soluzioni che sono sostanzialmente equivalenti: uno si chiama Columbus’Egg ed è pensato per l’area food mentre Aegis per l’area non food. Su questi prodotti abbiamo due brevetti, uno italiano e uno europeo. In parole povere, nel primo caso parliamo di tutto ciò che nel mercato alimentare richiede un confezionamento monouso: dal punto di vista tecnico il settore si chiama flexible packaging. L’esempio perfetto è la classica confezione di cracker. Poi lavoriamo anche sul fronte dei cosiddetti rivestimenti edibili: soluzioni in versione spray per la conservazione dell’alimento che ne allunga la durata e ne preserva qualità e freschezza come una buccia o una seconda pelle.

Nel secondo caso invece ci rivolgiamo ai beni di largo consumo generalisti quindi dal classico post-it al settore moda. Sintetizzo dicendo che l'applicazione potenziale nel packaging flessibile è pressoché illimitato perché che trova impiego in tutti i segmenti.

 Come si traduce in termini concreti la vostra soluzione?

Il nostro modello prevede la produzione e la vendita di bobine che vanno customizzate sulle macchine per il confezionamento oppure possiamo essere licenziatari delle tecnologie qualora un’azienda volesse mantenere tutto il processo internamente.

In questo periodo si fa un gran parlare di transizione ecologica applicata al mondo del packaging. Sarete richiestissimi.

Al momento non abbiamo fatto molta pubblicità perché sappiamo che appena usciremo con i nostri prodotti le richieste saranno tantissime. Già adesso abbiamo una lunga mailing list di multinazionali, molte nel comparto moda, che attendono il lancio sul mercato su larga scala che prevediamo essere, per Aegis, nella prima metà del 2022.

Perché vi siete dati tempi diversi per i vostri prodotti?

Per l’area non food siamo prossimi al traguardo mentre per quanto riguarda il food vogliamo puntare all’eccellenza. Vogliamo essere in grado di consegnare un prodotto sartoriale anche perché abbiamo la necessità di garantire delle performance il più possibile simili a quelle della plastica. Il nostro vantaggio competitivo, forse siamo i primi nel settore, è che noi tutto quello che utilizziamo non lo modifichiamo chimicamente quindi saremo addirittura capaci di superare il recepimento della direttiva UE SUP sulla  riduzione  dell’incidenza  di  determinati  prodotti  di  plastica  sull’ambiente.

Tutto questo è avvenuto in poco più di due anni. Come avete raggiungere tali risultati?

Quando abbiamo fondato IUV ci siamo dedicati alla fase di consolidamento e di sviluppo della ricerca avvenuta anni prima. All’Università Cattolica da studente ho avuto modo di partecipare a varie iniziative come il Careers Day. In quell’occasione ho conosciuto ART-ER: sono stato introdotto in un network, locale e regionale, che non conoscevo prima e attraverso questi contatti il mio progetto è potuto diventare un’idea imprenditoriale. Poi c’è stata la Start Cup nel 2017 dove abbiamo avuto modo di fare formazione specifica rivolta principalmente al business e anche il Mindset Program grazie a cui sono volato in Silicon Valley.

Cosa vi ha insegnato quella esperienza?

Ho imparato cosa significa sviluppare un’idea, come confrontarmi con potenziali investitori e capire che anche il fallimento fa parte del gioco. Inoltre ho capito come strutturare il modello di mercato su cui si è basata IUV. Poi ci sono stati altri passaggi fondamentali come l'Italian Innovation Day a Tokyo e la partecipazione alla Climate-KIC, la comunità nata per diffondere la conoscenza e promuovere l’innovazione nella sfida ai cambiamenti climatici. Nel 2018 abbiamo vinto anche il premio Gaetano Marzotto e siamo entrati nella rete di Romagna Tech: uno step fondamentale per il nostro sviluppo perché ci ha presentati a Tozzi Group in un momento in cui pensavamo addirittura di ritirarci.

Come è andata con Tozzi Group?

Faccio un passo indietro. Nel 2020 noi stavamo andando alla grande ma poi è intervenuto il Covid che ci ha fatto saltare un grande accordo di investimento. Fino a quel momento avevamo investito risorse nostre e non potevamo più andare avanti. Mi sono preso una pausa dedicandomi all’insegnamento e in quella fase, grazie a Romagna Tech, è iniziato un dialogo con Tozzi Green, un grande player che aveva la nostra stessa visione del mondo che mette al centro la sostenibilità in ogni sua dimensione. La famiglia Tozzi ha deciso quindi di scommettere su di noi. Con loro nel luglio scorso abbiamo firmato un accordo che non prevede solo una partnership industriale ma anche un poderoso investimento in equity all’interno della nostra società.

In che cosa consiste l’accordo?

Ora possiamo contare su una ventina di persone che ci supportano sia sul fronte del management, dell’amministrazione, della copertura legale e dell'implementazione dell'industrializzazione. Avere un gruppo industriale come investitore non ci dà solo la possibilità di fare cassa ma abbiamo la fortuna di potere beneficiare anche di consigli e di esperienza. È una grande opportunità, specialmente in un periodo storico come questo. 

 Possiamo parlare anche di cifre?

Non posso dare ora il valore esatto degli investimenti anche perché stiamo mettendo ancora a punto i dettagli dell’accordo. Stiamo ragionando per obiettivi e la cifra è ancora da definire. Ma in ballo c’è qualcosa di ancora più importante di un semplice investimento per ottimizzare le nostre tecnologie.

È proprio vero come scrive nella sua bio che lei è un sognatore. Che consigli potrebbe dare a giovani aspiranti startupper?

Bisogna essere tenaci soprattutto quando tutti ti remano contro. È necessario mettersi in gioco accettando di abbandonare il comfort del proprio nido. Io dalla mia ho avuto anche un grande supporto da parte della mia famiglia: non è un caso che la CTO co-founder di IUV Maria Lucia Gaetani, biologa nutrizionista con oltre vent’anni di esperienza nel life science, sia anche mia madre. Prendo in prestito le parole di Steve Jobs, stay hungry, stay foolish. Siate affamati e folli perché solo avendo questa voglia di conoscere ciò che ci circonda si può cambiare il mondo. Se si rimane a casa in pantofole è difficile riuscire a fare la differenza.


Tutte le interviste realizzate per la rubrica Startup in the Net sono disponibili a questo link.

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